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"Progetto Mercato Medievale"

Prodotti ed eventi nei territori e nei luoghi medievali.

 

 

A tavola con i Templari

Cucina medievale nel periodo delle Crociate

Forchetta

Secondo un reperto archeologico esposto presso l'Antiquarium di Ventimiglia sembra che fosse già in uso presso i Romani. Il servizio da viaggio fu trovato nel 1917 dall'archeologo P. Barocelli nella tomba della necropoli di Albintimilium, nella tomba 145 (B. Durante - M. De Apollonia, Albintimilium antico municipio romano, Gribaudo [oggi Paravia-Gribaudo], 1989).

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Forchetta conservata presso l'Antiquarium di Ventimiglia.

(foto tratta dal libro di B. Durante - M. De Apollonia, Albintimilium antico municipio romano, Gribaudo [oggi Paravia-Gribaudo], 1989)

 

Secondo quanto scritto da Bartolomeo Durante, 
consulente Biblioteca Aprosiana Ventimiglia (IM):

«Dai tempi della scoperta vari ricercatori giudicarono l' "attrezzo" un unicum, "indice di un eccezionale progresso tecnologico dei Romani": un livello tecnologico che forse attualmente né la storiografia né l'archeologia hanno ancora determinato nei veri contenuti. 
A livello di riflessioni scientifiche ed antiquarie si impongono alcuni interrogativi: fattura e tipologia dello strumento comportano problemi non semplici.
 
Secondo le fonti letterarie il "servizio" urta con la tradizione che data al XIII sec. la diffusione della forchetta, attribuendo ai Romani solo quella del
 cucchiaio. La tecnica di fusione, il meccanismo di oggetti ruotanti su perni di per sè paiono stridere con l'interpretazione antiquaria e il livello tecnologico che si ritiene sia stato raggiunto durante l'Impero. 
Però il "servizio" fu scoperto in una tomba intatta del I-II sec. d.C. da uno studioso serio, che non suppose manipolazioni di tale sito archeologico.
 
La mente geniale di un artefice eccellente avrebbe forse potuto forgiare un oggetto tanto prezioso che sembrerebbe comportare ingegnosa committenza e preciso progetto: la relativa insignificanza del restante corredo funerario si scontrava con la ricchezza del "servizio in argento", che, di per sé, sarebbe stato espressione di eccelso stato sociale.
 
L'urto fra tante considerazioni ha suggerito varie ipotesi: da quelle "conservatrici" (l'oggetto per la preziosità sarebbe stato voluto nel corredo funebre dal defunto per farne un "monumento" della sua condizione sociale) a quelle "mediane" e "rivoluzionarie" (che sia stato celato per varie ragioni, come un furto non completato, in una tomba già nell'antichità, oppure che vi sia stato nascosto più tardi quando almeno la "forchetta" era di uso comune).
 
Affermare senza infiniti controlli la genuinità romana dell'oggetto, equivale a sostenere una realtà tecnica del Primo Impero di impressionante potenza sociologica, dirompente sotto il profilo
 
dell'arte, dell'oreficeria, della tecnologia imperiali (cosa quindi di rilevanza internazionale).
» 

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Forchetta conservata presso l'Antiquarium di Ventimiglia.

(foto tratta dal libro di B. Durante - M. De Apollonia, Albintimilium antico municipio romano, Gribaudo [oggi Paravia-Gribaudo], 1989)

 

Roberta Sala nel suo articolo online dichiara la autenticità dell'oggetto e precisamente:

«A livello di riflessioni scientifiche ed antiquarie si impongono alcuni interrogativi: fattura e tipologia dello strumento comportano problemi non semplici.
Secondo le fonti letterarie il "servizio" urta con la tradizione che data al XIII sec. la diffusione della forchetta, attribuendo ai Romani solo quella del cucchiaio.
La tecnica di fusione, il meccanismo di oggetti ruotanti su perni di per sè paiono stridere con l'interpretazione antiquaria e il livello tecnologico che si ritiene sia stato raggiunto durante l'Impero.
Però il "servizio" fu scoperto in una tomba intatta del I-II sec. d.C. da uno studioso serio, che non suppose manipolazioni di tale sito archeologico.
Una mente geniale di un artefice eccellente avrebbe forse potuto forgiare un oggetto tanto prezioso che sembrerebbe comportare ingegnosa committenza e preciso progetto: la relativa insignificanza del restante corredo funerario si scontrava con la ricchezza del "servizio in argento", che, di per sé, sarebbe stato espressione di eccelso stato sociale.
L'urto fra tante considerazioni ha suggerito varie ipotesi: da quelle "conservatrici" (che l'oggetto per la preziosità sia stato voluto nel corredo funebre dal defunto che potrebbe averne fatto un "monumento" della sua condizione sociale) a quelle "mediane" e "rivoluzionarie" (che sia stato celato per varie ragioni, come un furto non completato, in una tomba già nell'antichità, e al riguardo esiste a Ventimiglia una vaga leggenda, oppure che vi sia stato nascosto più tardi quando almeno la "forchetta", non il meccanismo che si presenta nel moderno aspetto di congegno "multiuso" da sopravvivenza, era di uso comune).
»

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La prima prova documentata dell'uso della forchetta ci è data da un manoscritto miniato del XI secolo, l' Hrabanus Maurus Glossaria di Montecassino, in cui si vedono due uomini seduti a tavola uno dei quali regge una forchetta intagliata, l'altro porta una forchetta alla bocca.
San Pier Damiani (1007-1072) narra di Teodora, una principessa bizantina, andata sposa al Doge Orseolo II nel 1060, ad introdurre questa raffinatezza a Venezia che non toccava il cibo con le mani preferendo usare una forchettina bidente. Così descrive: Non toccava le pietanze con le mani, ma si faceva tagliare il cibo in piccoli pezzi dagli eunuchi, poi gli assaggiava portandoli alla bocca con forchette d'oro da due rebbi.

Il predicatore fece abbattere la collera celeste sullo strumento, giudicandolo un lusso diabolico e una raffinatezza scandalosa, ed usarlo venne anche ritenuto segno di debolezza da parte dei maschi nobili. 

Dopo tale datale forchette figurano negli inventari per la degustazione di delicatezze quali lo zenzero, la frutta candita, le pere e le mele cotte.
Benché la forchetta venisse usata in Italia per la pasta fin dal XIV secolo, molto tempo doveva trascorrere prima che venisse accettata dal resto dell'Europa.
Il passaggio a un arnese a più denti per infilzare in tavola pare sia avvenuto nell’alto Medioevo alla corte di Bisanzio, dove un’acuminato pugnale si trasformò prima in un imbroccatoio (tipo spillone) e poi in una forchetta. Nella letteratura italiana dopo il mille, troviamo le forchette a Venezia, Pisa, Firenze, ma soprattutto in mano a borghesi e mercanti, mentre nelle corti vigeva ancora l’etichetta tradizionale di Ovidio delle tre dita, che imponeva di attingere direttamente dal piatto per pescare il cibo solido. 

Un’ulteriore testimonianza ci arriva da Ludovico Antonio Muratori, autore degli “Annali d’Italia”, che indica nel 1071 la presenza della forchetta alla mensa allestita per le nozze del doge Domenico Silvio con un’altra principessa bizantina, ma ancora in epoca tardo medioevale nelle corti si era giudicati raffinati se si mangiava “maestosamente” con le mani. 
In Italia una qualche posata a forma di forchetta sembra che iniziò ad essere usata abbastanza normalmente sino dal Trecento, per l'introduzione di un alimento "difficile" come la pasta, scivolosa e pericolosamente bollente. 
La probabile “svolta”, ossia l'imporsi dell'uso della forchetta singola come simbolo di buone maniere si verificò solo nel ‘500. Ma mentre la popolazione cittadina borghese e mercantile cercava di usarla tutti i giorni, i nobili la ritenevano non obbligatoria, da aggiungersi semmai ad altri indispensabili segni di civiltà quali: abbondanza di tovaglie e tovaglioli, e abluzioni ripetute prima e dopo i pasti. 
Dalle corti italiane la forchetta si diffuse lentamente in Europa, dove ancora nel Seicento gli aristocratici mostravano resistenze ad abbandonare l'uso delle dita (regali posate), come testimoniano le tradizioni della corte di Luigi XIV. 
A conferma di questa riluttanza verso la forchetta segnaliamo una cronaca che vedrebbe protagonista Caterina de' Medici . Sembrerebbe che quando la regina fece provare la posata a punte al marito Enrico II e ai commensali, questi si rivelarono piuttosto maldestri nel maneggiarla: 
"Nel portare la forchetta alla bocca, si protendevano sul piatto con il collo e con il corpo. Era uno vero spasso vederli mangiare, perché coloro che non erano abili come gli altri, facevano cadere sul piatto, sulla tavola e a terra, tanto quanto riuscivano a mettere in bocca". 
Per arrivare all’utilizzo diffuso della forchetta bisogna aspettare oltre la metà del ‘700, quando venne celebrato anche il famoso matrimonio con gli spaghetti (vermicelli). Pare infatti che sopratutto per agevolare la presa dei "fili di pasta", il ciambellano di re Ferdinando IV di Borbone abbia portato a quattro i rebbi della posata.

 

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Organizzazione generale Fiere e Mercati storici

Titolare: Ernesto Paleani

Organizzatori e gestori:

Moroni Vincenzo  (Umbria e Marche,Ancona)

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Angela D'Agostino (Campania)

Paleani Ernesto e Pazzaglia Pietro (Italia ed Estero)

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Cucina medievale:

Lindita Lamce (cuoca)

Ernesto Paleani (consulenza storica)

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Prodotti: Terre Templari

Con la partecipazione della Impresa della Cultura "Ernesto Paleani Editore".

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